ROMA - L’8 novembre 2004, in occasione della Riunione del Direttivo del Circolo di Roma della nostra Associazione, abbiamo avuto l’onore di incontrare la compagna boliviana Loyola Guzmán Lara.
Siamo stati orgogliosi e onorati di averla avuta con noi, anche se per pochissimo tempo, perché lei collaborò alla guerriglia boliviana nella quale il Comandante Ernesto Che Guevara venne assassinato.
Loyola si trovava a Roma per un’audizione sollecitata da Amnesty International presso il Parlamento italiano.
La Commissione italiana per i diritti umani del Ministero degli Esteri ha dato audizione (nella sede del Parlamento in Piazza di Monte Citorio) ad una delegazione intercontinentale per la difesa dei diritti umani e la ricerca dei desaparecidos.
Loyola Guzman e i compagni del Circolo di Roma, Sede Circolo - Roma, 08/11/2004
Nell’occasione Loyola ha fatto il proprio intervento come delegata dell'America Latina. Gli unici due membri presenti della Commissione italiana (il presidente, deputato di Alleanza Nazionale, ed il segretario, deputato di Forza Italia) hanno ascoltato gli interventi, poi hanno fatto notare che in America Latina c’è un paese con molti “desaparecidos” che si chiama Cuba.
Loyola, ovviamente indignata, ha difeso a spada tratta l’Isola e la sua Rivoluzione. Il Che sarebbe stato orgoglioso di questo suo atteggiamento!
L’incontro di Loyola con il Che
Nel novembre 1966, quando il Che iniziò la guerriglia in Bolivia, Loyola era studentessa di Filosofia e Lettere all’Università UMSA di La Paz in Bolivia e membro del Directorio della JCB (Juventud Comunista Boliviana), che era composto da Carlos Soria Galvarro, Loyola Guzmán Lara, Ramiro Barrenechea Zambrana e Aniceto Reinaga Gordillo.
Il 31 dicembre 1966 Mario Monje Molina, segretario generale del PCB (Partido Comunista Boliviano), fu ricevuto da Ernesto Che Guevara nell'accampamento guerrigliero del Ñancahuazu'.
In seguito al completo disaccordo emerso nell'incontro, Mario Monje tolse immediatamente ogni appoggio a Guevara e lo abbandonò al suo destino. Fra i membri del Directorio soltanto Carlos Soria seguì (almeno inizialmente) la linea con la quale il partito condannava Guevara, mentre gli altri tre la rifiutarono e furono espulsi.
Aniceto Reinaga fu l'unico dei quattro membri a combattere in armi a fianco del Che e fu il primo morto del combattimento finale dell'8 ottobre 1967 nella Quebrada del Churo.
Il 26 gennaio 1967 il Che convocò Loyola nell'accampamento del Ñancahuazù. La nominò responsabile delle finanze della rete urbana d'appoggio alla guerriglia, diretta dal boliviano Rodolfo Saldaña, e le consegnò istruzioni per i quadri urbani. Loyola aveva 25 anni. Quello fu il suo unico incontro con il Che.
La valutazione del Che
Ernesto Che Guevara la cita nel suo “Diario di Bolivia”. In particolare il Che rievoca l’incontro del 26 gennaio 1967 con queste parole: “Loyola mi ha fatto un’ottima impressione. È molto giovane e dolce, ma si vede che è molto decisa. Sta per essere espulsa dalla Gioventù [JCB - NdR], ma cercano di ottenere le sue dimissioni. Le ho dato istruzioni per i quadri e un altro documento; inoltre le ho rimborsato i denari spesi…” (Pag.68 del “Diario del Che in Bolivia”, Feltrinelli Editore, 1968).
La biografia successiva di Loyola
Rullini fotografici contenenti sue fotografie insieme al Che e ad altri guerriglieri furono ritrovate dall'esercito in segrete cave dell'accampamento del Ñancahuazù.
Fu attivamente ricercata e infine catturata a La Paz il 15 settembre 1967. Fu sottoposta a interrogatori (e torture ?), nel corso dei quali tentò il suicidio lanciandosi da una finestra del terzo piano dell'edificio in cui era trattenuta; fu ripresa viva perché i rami di un albero attutirono la caduta.
Il 22 luglio 1970 fu liberata insieme ad altri nove prigionieri in cambio del rilascio di due ostaggi tedeschi, che erano stati sequestrati tre giorni prima dall'ELNB (Esercito di Liberazione Nazionale di Bolivia) nella regione boliviana di Teoponte proprio come atto iniziale della guerriglia in quella zona. Ricevette asilo politico a Cuba. Nello stesso 1970 rientrò clandestinamente in Bolivia.
Nel 1972 nacque il suo primo figlio.
Nel 1973 fu arrestata a La Paz in uno scontro armato con la polizia, al quale partecipò anche il marito Felix Melgar. Era incinta del secondo figlio da otto mesi e lo partorì durante la detenzione. Non rivide più il marito, il quale fu fatto sparire per sempre.
Nel 1974 (o 1975 o 1976) fu nuovamente liberata e dovette emigrare in Svezia, dove visse poco più di due anni prima di rientrare definitivamente in Bolivia (1978 ?) dopo la caduta del primo governo del generale Hugo Banzer. Lavora attivamente per ASOFAMD di Bolivia (Asociacion de los familiares de detenidos, desaparecidos y martires por la liberacion nacional), della quale è stata a lungo presidente.
Bibliografia italiana
Per ulteriori notizie rimandiamo alle seguenti pubblicazioni italiane:
- Ernesto Che Guevara “Diario di Bolivia”, a cura di Roberto Massari, Edizioni Erre Emme (= Roberto Massari), 1996
- Quaderno n. 2 della Fondazione Che Guevara, Massari Editore, 1999
- Quaderno n. 3 della Fondazione Che Guevara, Massari Editore, 2000.
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