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8 Ago 2000

Intervista a Orlando Borrego

di M. Papacci

D: Chi è oggi Orlando Borrego?

R: Oggi sono un membro della gerontocrazia cubana, ho 62 anni. Ho cominciato con il Che nella guerriglia, poi ho avuto il privilegio di lavorare con lui come secondo capo del Dipartimento di Ricevimento dell’INRA-Istituto Nazionale di Riforma Agraria- e successivamente vice primo ministro dell’Industria, fino a pochi mesi prima che il Che lasciasse Cuba. In tutti questi anni mi sono dedicato al lavoro di direzione, successivamente come assessore nel settore economico del Ministero. Direi che attualmente cerco di continuare ad essere un alunno del Che, cercando di avvicinarmi, il più possibile tutti i giorni, al suo messaggio rivoluzionario, alle sue idee e mantenere vivo il suo pensiero, nel senso generale, dentro il complesso mondo in cui oggi si vive.

Ho continuato ad essere molto legato alla sua famiglia, ai suoi figli. Da diverso tempo sto cercando di trasmettere loro il pensiero del padre, stiamo studiando intensamente tutti gli aspetti sia dal punto di vista economico che sociale. Tutto questo lavoro è importante perché i figli conoscano il pensiero del Che e sappiano trasmetterlo e diffonderlo nel mondo. Quindi cerco, alla mia età, di continuare sulla stessa linea e cerco di apportare, nel limite delle mie possibilità, tutto quello che posso per questo progetto rivoluzionario, che continua ad essere lo stesso che il Che ha difeso, insieme al leader principale della Rivoluzione cubana, con il quale è stato sempre profondamente identificato e ha sempre mantenuto un’unità totale di pensiero e di linea d’azione.

Orlando Borrego
Orlando Borrego

D: Lei ha partecipato alla lotta contro la tirannia di Batista? Può raccontarci brevemente la sua storia?

R: Non mi piace molto raccontare la mia storia, peraltro molto modesta. Qualcosa possiamo dire; ho iniziato nel movimento 26 di luglio, praticamente dall’attacco alla Caserma Moncada. Ero uno studente della provincia di Holguin, antica provincia di Oriente. Ho partecipato alle lotte rivoluzionarie in questa provincia e in un determinato momento, per le condizioni che esistevano, mi sono incorporato alla colonna del Che quando la guerriglia, dalla provincia orientale, si dirigeva verso Villa Clara. Sono stato con lui nella campagna militare dell’Escambray, ho avuto i gradi di primo tenente e poi ho continuato ha lavorare con lui fino a quando non ha deciso di lasciare Cuba per altre terre del mondo.

D: Quando l’ha conosciuto per la prima volta? E che impressione le ha fatto?

R: L’ho conosciuto nell’accampamento guerrigliero dell’Escambray nel 1958. Un incontro tra un leader guerrigliero già consolidato, consacrato da una grande lotta, ed un semplice principiante della guerriglia. Un incontro poco formale, ero uno studente quando mi incorporai, abbiamo avuto un breve colloquio su quello che potevo fare, come potevo essere utile alla guerriglia e così, poco tempo dopo, mi assegnò il controllo delle finanze della guerriglia, incarico che occupai fino alla fine della guerra. Partecipai ad alcune battaglie, poi venni con lui ad occupare il reggimento della Cabaña e anche lì mi assegnò compiti nel campo dell’economia. Ho continuato ha lavorare in questo campo fino al giorno della sua partenza.

D: Può raccontarci qualche aneddoto sul Che guerrigliero e il Che ministro?

R: Questa è una domanda molto interessante perché ho sempre pensato che il Che si distinguesse come un gran combattente, come un capo guerrigliero con un’alta formazione politica. Il Che portava con sé tutta una serie di conoscenze politiche e filosofiche proprie del marxismo ed alcune idee sull’economia marxista. Il suo carisma, la sua leadership, si rivelarono con molta forza sin dal principio della guerriglia perché come capo, oltre ad essere un combattente, era un educatore delle sue truppe, infatti si dedicò con molto sforzo all’educazione dei suoi uomini, specialmente coloro che procedevano dalla Sierra Maestra, i quali erano contadini e analfabeti. Nonostante la lotta guerrigliera, il Che ebbe per loro una grande dedizione. In questo modo si conquistò il rispetto e l’apprezzamento straordinario dei suoi uomini.

Era un uomo dalla forte disciplina, aveva un’estrema capacità di sacrificio, di esempio personale permanente; cosicché quando terminò la guerra, era già un vero leader riconosciuto dal nostro popolo, un vero esempio di rivoluzionario. Pratica che ha seguito in tutta la sua vita. E’ stato un grande organizzatore ed è interessante osservare che, già nella guerriglia, il Che pone le basi per il futuro Stato Rivoluzionario da impiantare e sviluppare a Cuba quando ancora non era definito se fosse stato un paese socialista. Era convinto che bisognasse realizzare grandi trasformazioni di tipo sociale, aveva un pensiero molto avanzato sul sistema di organizzazione, a tal punto che si riconosce oggi che il Che, per esempio nel campo del futuro sviluppo industriale di Cuba, aveva gettato determinate premesse sin dall’epoca della guerriglia. Pensava quindi che quest’ultima non fosse potuto dipendere solo dall’aiuto esterno, ma doveva sforzarsi nel produrre quello di cui aveva bisogno. Organizzò così nella Sierra delle piccole officine per riparare le armi e successivamente portò quest’idea all’interno della Cabaña affinché l’Esercito Ribelle non fosse dipendente dalle spese dello Stato, ma potesse autofinanziarsi, questo fu il suo modo di organizzare il futuro embrione dello sviluppo industriale all’interno dell’Esercito. Queste idee le svilupperà in maniera più ampia quando occuperà l’incarico di Ministro dell’Industria.

D: Una volta il Che disse che lei gli assomigliava moltissimo, l’unica cosa che le mancava era l’asma. Cosa pensa di questa affermazione?

R: Questo è uno scherzo mal interpretato, quello che è successo è il seguente: io soffro un po’ di allergia, però non di asma, a volte ho avuto piccole crisi, molto leggere, sembravano crisi asmatiche. C’era un compagno nella guerriglia del Che, molto conosciuto, che si chiamava Carlos Coello, il famoso Tumaini nella guerriglia del Congo, Tuma in Bolivia, che era un tipo a cui piaceva fare molti scherzi. Andavamo molto d’accordo ed eravamo degli ottimi amici; successe che il Tuma, durante la spedizione nel Congo, questo me lo raccontò il Che quando tornò dall’Africa, stava parlando con il Che sulla campagna del Congo e finirono per parlare della mia persona e il Tuma disse: ”Borrego le assomiglia a tal punto che l’unica cosa che gli manca è l’asma”, questa è la verità, fu Tumaini a dirlo non il Che.

D: Quando ha visto per l’ultima volta il Che? Le disse e le lasciò qualcosa?

R: Bene, ho avuto due momenti importanti relativi alle sue partenze dal paese. Per primo lo salutai quando partì per il Congo. Alcuni giorni prima, quando sapevamo che sarebbe partito ma non conoscevamo la destinazione, avemmo un incontro molto lungo, questo fu il primo congedo. Pensavo che non lo avrei più rivisto e non immaginavo di rivederlo come poi successe effettivamente. Ho mantenuto i contatti con lui durante il periodo del Congo, comunicazioni chiaramente segrete, ci scrivevamo ogni tanto. Gli mandavo del materiale e lui mi spediva cose utili per fare delle ricerche nel campo economico. Ha sempre avuto questa preoccupazione per continuare gli studi sull’economia. Quando terminò la campagna del Congo rimasi sempre in contatto con lui, anche quando si trovava in transito in Cecoslovacchia ma non avevo idea che potesse tornare a Cuba.

Un bel giorno Fidel mi mandò a chiamare e mi comunicò che il Che era a Cuba, per me fu una sorpresa straordinaria, e che voleva vedermi. Immediatamente mi trasferii nella provincia di Pinar del Rio dove si trovava un campo per le esercitazioni scelto dal Che e fu così che lo rincontrai, durante la seconda parte iniziale della nuova spedizione. Fu un momento indimenticabile. In quel periodo ero Ministro dell’Industria dello Zucchero, con frequenza settimanale lo andavo a visitare ed ho anche partecipato ad alcune esercitazioni militari con lui e con gli altri guerriglieri, con la speranza di potermi incorporare alla futura spedizione boliviana. Purtroppo questo desiderio non si è avverato. Praticamente sono stato con lui fino al momento in cui è partito per l’aeroporto, insieme ad un ridotto numero di compagni.

D: Lei è stato incaricato dallo Stato Cubano di scrivere cinque libri, se non sbaglio, sul pensiero del Guerrigliero Eroico. Furono pubblicate solo poche copie, all’incirca duecento, perché non si pubblicò un numero maggiore di copie? E’ possibile sapere qualcosa sul contenuto di questi testi?

R: Anche in questo caso c’è un’interpretazione non esatta. Non sono stato incaricato di scrivere questi testi dal Governo cubano. Quando il Che lascia Cuba per la prima volta, ho avuto la preoccupazione di riepilogare tutti i suoi scritti, i suoi discorsi, inclusi alcuni articoli scritti con il suo pseudonimo su alcuni giornali cubani, discorsi che aveva pronunciato in altri paesi, lettere, il Che ne scrisse moltissime.Non pensavo di inserire tutte queste lettere nei libri. Fu un lavoro molto faticoso, lavoravo come Ministro ed ero impegnatissimo, quindi designai due compagni, l’ingegnere Enrique Oltuski e Juan Josè Clavero, un ragazzo giovane che aveva lavorato nell’ufficio del Che, affinché mi aiutassero in questo lavoro che durò mesi. Controllammo tutta la documentazione esistente a Cuba. Sollecitammo le nostre ambasciate all’estero affinché ci inviassero tutto quello che il Che aveva detto e scritto.

Poi venne un lavoro molto difficile, non esistevano i computer che abbiamo oggi, tutti questi scritti si trovavano sui giornali, su riviste e alcuni erano registrazioni. Io avevo preso la precauzione, nel 1963, di iniziare a registrare, contro la sua volontà, il Che durante le riunioni principali al Ministero dell’Industria; lui mi diceva che non c’era bisogno di registrare, dopo un po’, decisi di registrarlo comunque ed incaricai un giovane per questo compito. Alla fine il Che lo accettò pensando che potesse essere utile nel futuro ed esiste un libro, il sesto perché sono sette e non cinque, che contiene tutte le registrazioni del Ministero. Per me è una delle parti più interessanti perché sta tutto in viva voce senza correzioni. Quindi nel suo Ministero vennero editi i libri. Decidemmo il numero di copie da stampare. Cento copie per ogni libro.

Terminammo il lavoro proprio quando il Che era tornato a Cuba di passaggio per la Bolivia, nello stesso giorno, e così ebbi la possibilità di consegnare a Fidel la prima stampa e sorpresi il Che consegnandogli l’opera completa. Lui la poté vedere e controllare e rimase molto meravigliato; fu un momento molto toccante perché non pensava si potesse fare questo lavoro e ci scherzò sopra. Tutto questo avvenne nell’accampamento guerrigliero di Pinar del Rio, dove mi presentai con i sette libri; in quell’occasione mi disse che, se fosse stata l’ora di scrivere o parlare di nuovo sul contenuto dei testi, sicuramente lo avrebbe fatto meglio. Ne controllò alcuni e poi lui stesso fece una lista dei compagni a cui dovevano essere consegnati. Si distribuirono cento esemplari e gli altri rimasero in archivio. Ritengo che sia stato un lavoro molto importante perché da questo sono stati estratti molti materiali per la pubblicazione posteriore di altri testi. Di questi sette libri, direi che una gran parte è stata pubblicata; sicuramente tutti gli articoli e anche molte lettere.

Che cosa non è stato pubblicato? Principalmente il libro delle registrazioni, alcune note sì. Non è stato pubblicato perché non era un’edizione professionale, fatta per essere pubblicata e questo libro conteneva alcuni aspetti interni di lavoro che in quel periodo non era conveniente pubblicare, eravamo in un contesto storico internazionale distinto. Ora stiamo lavorando per pubblicarlo, l’ho ricontrollato recentemente e penso che nei mesi futuri, chissà, possa essere dato alle stampe. Questa è la vera storia dei sette libri.

Di questi sette libri, direi che una gran parte è stata pubblicata; sicuramente tutti gli articoli e anche molte lettere. Che cosa non è stato pubblicato? Principalmente il libro delle registrazioni, alcune note sì. Non è stato pubblicato perché non era un’edizione professionale, fatta per essere pubblicata e questo libro conteneva alcuni aspetti interni di lavoro che in quel periodo non era conveniente pubblicare, eravamo in un contesto storico internazionale distinto. Ora stiamo lavorando per pubblicarlo, l’ho ricontrollato recentemente e penso che nei mesi futuri, chissà, possa essere dato alle stampe. Questa è la vera storia dei sette libri.

D: Cambiamo tema, cosa ha provato quando ha saputo che avevano scoperto i resti del Che e dei compagni che sono caduti con lui in Bolivia e che presto sarebbero stati portati a Cuba?

Credo che, per tutti i compagni, questo è stato un evento di un impatto molto forte, emozionalmente molto forte. Ero al corrente che da diverso tempo si stavano svolgendo delle ricerche per trovare i resti, ma la speranza che fossero scoperti era minima; però con il tempo aumentarono le possibilità. Ero al corrente delle ricerche soprattutto attraverso la famiglia del Che, fino a che non arrivò la notizia della scoperta che colpì tutto il popolo di Cuba. Questa cosa mi ha segnato moltissimo. Ho partecipato alla manifestazione per rendere omaggio al Che a Santa Clara e penso che storicamente sia stato un momento cruciale in tutta la straordinaria storia del Che.

In un primo momento ho pensato se fosse conveniente portare i resti a Cuba, pensando che forse fosse più giusto lasciarli lì dove era caduto, però poi mi sono convinto che fosse più corretto riportarli qui. Convinzione prodotta dal fatto, come voi sapete, della sottrazione dei resti di personalità della storia come per esempio Evita Peron in Argentina ed altri ancora. Questi resti potevano essere manipolati dai nostri nemici in forma totalmente disonesta.

Quindi sono stato uno di quelli convinti ed ho accettato l’idea che i resti dovessero riposare qui e, inoltre, che si convertisse, come poi è accaduto, in un luogo importante d’incontro, non solo per noi, ma anche per molti visitatori, rivoluzionari e non, dell’America Latina che hanno rispetto e ammirazione per la persona del Che. Vado spesso al mausoleo. Ho provato una grande allegria per il ritorno in patria di questi compagni. Ne ho conosciuti molti e sono stato con loro fino all’ultimo momento prima che lasciassero l’isola. Penso che, come per tutti i cubani, anche per me sia stato un momento fondamentale della storia degli ultimi anni della nostra Rivoluzione.

D: Perché è cosi attuale il pensiero del Che a più di trent’anni dalla sua morte?

R: Per prima cosa voglio dirti che questa sarà una risposta lunga. Credo che, come tutti i personaggi che passano alla storia, come il Che, rivoluzionari e non, hanno resistito nel tempo perché attuali con il loro pensiero tanto nel campo scientifico quanto in quello politico. Nel caso del Che i due pensieri si fondono, grazie alla sua variegata personalità ed è per questo motivo che siamo di fronte ad un personaggio più che mai attuale. Dal mio punto di vista do maggiore importanza al suo pensiero in campo economico, politico, filosofico e a tutto quello che ha lasciato come eredità in termini di pratica rivoluzionaria. Negli ultimi tempi stavo studiando il pensiero del Che con tutta imparzialità ed ho scritto alcuni articoli. E’ sorprendente osservare la grande visione che ha avuto il Che.

In questo mondo controverso in cui viviamo, globalizzato, altamente tecnologizzato, con il grande sviluppo che hanno avuto i mezzi di comunicazione, nella tecnica di direzione della società è così forte l’attualità del suo pensiero. Ci sono vari aspetti fondamentali: la sua visione-previsione azzardata, inizialmente eretica, riguardo il processo di sviluppo del Socialismo, la sua critica alla pratica del Socialismo nei paesi socialisti, specialmente quelli dell’est europeo compresa l’Unione Sovietica. Il Che seppe prevedere la caduta del campo socialista e lo mise per iscritto nel 1965, alla fine della campagna guerrigliera del Congo. Disse che la via che stava seguendo il campo socialista stava subendo delle deviazioni che si stavano producendo nel sistema di direzione della società e soprattutto nella nascita di un sistema ibrido prodotto dell’introduzione di categorie capitaliste nel sistema socialista e che, quindi, questo stava tornando al capitalismo; questo disse e lo pubblicò.Ebbe una visione sorprendente a tal punto che anch’io ebbi dei dubbi su tali critiche e pensavo che il Che non avesse ragione.

Ci aveva insegnato ad essere critici. Abbiamo sempre cercato di seguire questa linea e, sebbene fosse stato scritto dal Che, questo non significava che dovevamo fare nostre queste sue critiche. Io, che ero d’accordo con lo sviluppo storico, non consideravo in quel momento che un regime economico sociale potesse ritornare al passato. Altrimenti saremmo passati allo studio del materialismo storico; è come dire il feudalesimo non ritornò alla schiavitù, il capitalismo non ritornò al feudalesimo e quindi non mi spiegavo come il socialismo fosse potuto ritornare al capitalismo. Ma lui fu in grado di divulgare questo e fatalmente avvenne. Questa per me è una cosa trascendentale. A partire da questo punto ci sono vari temi di cui lui ha parlato che sono molto attuali ed imprescindibili per lo sviluppo di una società socialista. In primissimo luogo il suo avvalorare il ruolo dell’uomo nella società. Lo sviluppo della coscienza dell’individuo come cosa fondamentale.

Quindi, insieme allo sviluppo economico, perché il Che non pretendeva una società socialista, con penuria, miseria e difficoltà anzi, al contrario, possibilmente una società socialista avrebbe dovuto avere un alto sviluppo di soddisfazione di tutte le necessità di cui ha bisogno una società, chiaramente sana, non con lo stile del consumo capitalista, come base fondamentale doveva esserci la coscienza dell’individuo. Perché se si trattava solamente dello sviluppo della forza produttiva, dello sviluppo di una società di consumo, egli affermava che in questo campo il capitalismo aveva dimostrato la sua efficienza. Sosteneva anche che attraverso i mezzi di esportazione si potesse arrivare ad un alto sviluppo economico, però l’essenziale della società socialista era la trasformazione dell’uomo.

Bisognava pretendere, insieme allo sviluppo della forza produttiva, dello sviluppo economico, lo sviluppo dell’uomo nuovo. Fino ad arrivare al punto dove si univano le curve della crescita economica e la coscienza dell’individuo. Questo per lui era il comunismo. Consacrò tutta la vita allo sviluppo e alla educazione dell’uomo. Questo è uno degli aspetti più attuali del pensiero del Che, valido oggi, e nel caso cubano tale concetto si difende nell’isola con molta forza nonostante tutte le difficoltà che abbiamo; con alcune deformazioni che si sono introdotte nel processo rivoluzionario cubano. Prodotto della situazione economica che oggi affrontiamo. Al costo internazionale che abbiamo avuto, l’educazione e la qualità dell’individuo si mantengono come una bandiera e come un aspetto fondamentale.Altro punto interessante dell’attualità del Che è nel campo dell’impresa, nella direzione della società e nel campo della direzione economica.

Anche in questi settori fu capace di apportare delle novità. In quell’epoca non si conosceva la parola “marketing”, però lui ebbe l’idea, quando si trovava al Ministero dell’Industria, di preoccuparsi molto di organizzare dipartimenti ed aree per uno studio approfondito riguardo lo sviluppo industriale di determinati prodotti, non solo dal punto di vista della qualità -oggi si parla molto del sistema di qualità- ma anche nei termini di costi di produzione. Si interessava alla cura del disegno del prodotto al quale dedicava molto tempo, finanche alla divulgazione e promozione dei prodotti. Quindi oggi, quando si studia il marketing attuale, le distinte scuole ed applicazioni nei distinti paesi, ci si accorge che il Che ci anticipò nei tempi.

Anche nel campo della comunicazione elettronica possiamo trovare alcuni aspetti dell’attualità del Che. Dal 1959 aveva previsto che ci sarebbe stato un grande sviluppo in questo campo fino ad arrivare alla informatizzazione di alto livello. Studiò questo tema, quindi introdusse nel Ministero dell’Industria la meccanizzazione di tutto il sistema di gestione. Quando fu acquistato il primo computer a Cuba, nel 1963/64, egli si preoccupò di sfruttarlo al massimo e sognava un sistema di gestione economica totalmente automatizzato, dove esistesse una comunicazione di tutti i rami dell’economia del paese che permettesse di avere un centro, che sarebbe servito per prendere decisioni e realizzare le gestioni economiche più importanti. Per portare avanti questa idea si dedicò allo studio personale intensivo di contabilità, costi di produzione e matematica superiore, osservando che l’uso di questa aveva un’importanza vitale nel futuro sviluppo del sistema automatizzato.

Ci sono tanti altri aspetti di cui potrei parlarti. Per esempio credo che ebbe una gran visione sulla formazione dell’uomo, sullo studio e sul superamento delle proprie capacità a cui oggi si dà molta importanza nel mondo e si considera come attributo essenziale nello sviluppo dell’uomo. Le conoscenze sono infinite e nella società attuale se non hai un alto sviluppo della formazione tecnica professionale è impossibile assimilare le diverse conoscenze e assimilare le tecnologie all’avanguardia nel mondo di oggi.

D: Nel 1999 si celebra il 40°anniversario della scomparsa di Camilo Cienfuegos. Lei ha avuto la possibilità di conoscerlo? Può raccontarci qualcosa sul “Señor de la Vanguardia”?

R: Nel caso di Camilo Cienfuegos succede una cosa interessante dal punto di vista storico, perché quando io decido di incorporarmi nella guerriglia, la mia intenzione era quella di unirmi alla colonna di Camilo. A quell’epoca egli aveva la fama di un guerrigliero esemplare, del capo guerrigliero che era un vero artista della lotta. Mi avevano detto che era un tipo simpatico, il classico cubano creolo, dagli ottimi rapporti umani, quindi ero attratto dalla sua figura. Per contro avevo l’immagine del Che, di una persona dura, esigente ed io non volevo unirmi alla sua colonna. Però avvenne il seguente: quando andai per unirmi alla guerriglia, la zona dove operava Camilo era occupata dall’esercito della tirannia ed i compagni del Movimento 26 di Luglio, che mi servivano da contatto e da guida per unirmi alla truppa di Camilo, mi consigliarono di no e mi invitarono ad unirmi alla truppa del Che; sebbene un po’ dispiaciuto acconsentii a questo cambio. Quanto ti ho raccontato è per spiegare che la mia unione con il gruppo di Guevara fu, dal punto di vista storico, casuale.

Casuale fu anche la rapida intesa che avemmo, fin dal primo momento in cui conversammo. Quando terminò la guerra incontrai diverse volte Camilo. Ricordo il primo incontro perché non fu molto bello. Andavo per le vie dell’Havana correndo ad alta velocità con la mia auto; ad un tratto mi accorgo che c’era un’auto che mi stava seguendo, riuscì a raggiungermi e mi obbligo a fermarmi. Da quest’auto scese Camilo, mi rimproverò, gridando, per l’alta velocità a cui andavo, accusandomi di essere un irresponsabile. Poi si calmò e all’improvviso mi disse: ”Accompagnami, ti invito a bere una birra” ci fermammo in un bar e l’immagine severa dell’uomo che mi aveva fermato si trasformò in allegra e simpatica. Lui era così. Lo incontrai altre volte ma per motivi di lavoro. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, una persona affabile.

Ti voglio raccontare un aneddoto simpatico, legato alla figura del Che. Loro due erano come fratelli, Camilo fu un soldato della truppa del Che, poi venne designato da Fidel capo di una colonna guerrigliera; svilupparono un’amicizia incredibile. Camilo si permetteva di scherzare con il Che, scherzi personali. Ricordo che una volta, quando il Che era Presidente del Banco Nacional, io mi trovavo con lui, stavamo sbrigando alcune pratiche, arrivò Camilo e lo abbracciò, gli tolse il basco e gli mise in testa il suo sombrero e iniziarono a scherzare come due ragazzini. La scomparsa di Camilo per il Che è stato un colpo durissimo. Non a caso, il primo figlio maschio del Che si chiama Camilo. Questo è quanto ti posso raccontare sul Señor de la Vanguardia, un eroe amato moltissimo dal nostro popolo.

NOTE BIOGRAFICHE

Orlando Borrego: Assessore del Ministro dei Trasporti e Assessore della catena turistica Orizontes. Partecipò alla lotta guerrigliera nella colonna del Che. Quando si unì al Che studiava economia e il Guerrigliero Eroico lo volle con sé al Ministero dell’Industria. Attualmente è il titolare della cattedra “Ernesto Che Guevara” all’Università.

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